I difetti dell’olio che si creano durante la raccolta delle olive
In ogni punto della filiera produttiva possiamo causare uno o più difetti all’olio: oggi vi parlerò di quelli che sostanzialmente si formano del brevissimo tempo che intercorre tra la raccolta e la lavorazione e cioè i difetti dovuti alla fermentazione delle olive: avvinato, inacetito, riscaldo.
Quando l’oliva viene staccata dalla pianta iniziano immediatamente fenomeni biochimici, controllati da diversi complessi enzimatici, che portano a un progressivo rammollimento del frutto, a una perdita d’acqua, alla rottura dei vacuoli e al successivo insediamento di batteri e funghi che crescono esponenzialmente proprio nei primi due giorni di stoccaggio, dando così luogo a processi fermentativi che a loro volta originano sapori e odori sgradevoli.
Un po’ come succedere per tutta la frutta, ma in modo incredibilmente accelerato.
Ecco perché le olive vanno lavorate appena raccolte!
Purtroppo, ci sono ancora molti produttori che non danno nessuna importanza al tempo che intercorre tra la raccolta e la lavorazione. Molte persone ancora oggi raccolgono le olive quando hanno tempo durante la settimana e le stendono in cantina, in attesa che siano pronte anche quelle del vicino che così vanno in frantoio una volta sola. Questo succede per diversi motivi e, in modi e tempi diversi, anche in aziende strutturate. Primo motivo: un retaggio culturale: facevano così mio nonno e mio padre, faccio così anche io. Secondo motivo: di carattere illusorio. Se le olive si portano in frantoio dopo averle lasciate uno o due mesi ad asciugare sui graticci o nelle ceste, la resa sarà molto elevata, perché per effetto della perdita di acqua peseranno all’incirca la metà: l’olio avrà sicuramente molti difetti, ma in passato l’unico costo vivo per il contadino era la frangitura e con le olive dimezzate di peso i costi di lavorazione al quintale ovviamente si dimezzano. Terzo motivo: la mancanza di organizzazione. Telefonare per prenotare il frantoio con le olive già nelle cassette… siamo al dolo. Quarto motivo: le cattive abitudini. Spesso ci si rivolge a un solo frantoio, quello più vicino a casa e si preferisce attendere qualche giorno piuttosto che rivolgersi altrove.
Perché è così vitale andare immediatamente in frantoio?
Perché oltre il 50% dei difetti mediamente riscontrabili in un olio (e cioè muffa, umidità, avvinato, inacetito, riscaldo, fermentazione) si sviluppano nel lasso di tempo che intercorre tra la raccolta delle olive e la loro lavorazione. Per comprendere la dannosità nel prolungare anche solo di poche ore i tempi di stoccaggio vi do qualche numero indicativo L’acidità sale oltre lo 0,8 dopo circa 6/8 giorni di conservazione delle olive anche se in cassette areate a temperatura ambiente; in una settimana i perossidi aumentano del 30%; i polifenoli si riducono del 50% dopo cinque giorni di stoccaggio, e dell’80% dopo due settimane. E soprattutto, in relazione all’argomento di questo episodio, dopo due giorni di immagazzinamento l’etanolo quadruplica stabilizzandosi: questo vuol dire che in 48 ore ha raggiunto il massimo della sua concentrazione; l’acido acetico triplica dopo quattro giorni. Non va dimenticato che durante lo stoccaggio umidità e temperatura hanno una grande influenza sull’incidenza dei marciumi. A temperature prossime a 4°C in assenza di umidità non si rilevano grossi problemi ai frutti nella prima settimana se raccolti in buone condizioni, ma a 13/14° i risultati sono completamente diversi, perché l’incidenza dei marciumi dopo 7 giorni raggiunge anche il 70% e la consistenza dei frutti si riduce del 30%. E non va dimenticato che nelle olive raccolte in avanzata fase di maturazione o provenienti da raccolta meccanizzata o agevolata e quindi con danni anche solo di lieve entità alla polpa o semplici ammaccature alla buccia, questi effetti negativi si manifestano molto più velocemente e in modo esponenziale. Ed è proprio in questa fase che si formano i difetti di cui parlerò oggi.
L’etanolo – Riscaldo
È prodotto dal metabolismo in presenza di aria dei microorganismi che si formano in olive di cattiva qualità: questa fermentazione anaerobica produce il difetto denominato riscaldo. Non ci sono attualmente riscontri scientifici che dimostrino la presenza o la formazione naturale dell’alcol etilico nell’olio. La sua presenza può derivare soltanto da una fermentazione delle olive o dalla fermentazione della pasta. Il suo odore si avvicina a quello di una fermentazione lattica. Ognuno di noi ha ben chiaro il suo profilo organolettico in quanto la prima volta che lo ha incontrato lo ha associato ad un odore conosciuto.
Il metanolo – Avvinato
Si forma in presenza di aria dall’attività dell’enzima metilesterasi che agisce sulle pectine e produce il difetto di avvinato/inacetito. Va detto che i polifenoli dell’olio contengono gruppi metilici che, durante la loro degradazione, si possono liberare: per questo motivo anche un olio con iniziali valori di esteri metilici bassi, ma con alti valori di polifenoli potrebbe incrementare il valore di esteri metilici con il passare del tempo. Semplificando si può affermare che questo processo degenerativo avviene principalmente per innalzamento della temperatura delle olive in quanto il calore non viene più smaltito nell’aria come quando erano attaccate al ramo, oppure per l’aggressione da parte dei batteri. Nell’analisi organoletettica il difetto di avvinato/inacetito è abbastanza semplice e facile da riconoscere: ricorda l’aceto o il vino andato a male. Se volete ricrearlo in casa potete togliere da una bottiglia ormai finita di aceto di vino il versatore in plastica e lasciarlo all’aria aperta per qualche settimana: l’odore che avrà conservato sarà per intensità e tipologia del tutto simile a quello che si può percepire in un olio avvinato.
Chimicamente il difetto, in entrambi i casi, si riconosce misurando gli etil esteri in quanto la caratteristica universale delle olive di produrre – in una determinata condizione di fermentazione – una certa quantità di etanolo che si va a combinare con gli acidi grassi liberi comporta inesorabilmente l’innalzamento degli etil esteri.
di Marco Antonucci